Già quando frequentavo le scuole elementari passavo molto tempo a scrivere sul computer che la scuola mi aveva messo a disposizione. Il primo computer finanziato dalla USL e realizzato per le persone non vedenti con la sintesi vocale e la barra Braille. Conservo ancora l’articolo che la Nazione di Firenze pubblicò in quell’occasione e le foto che furono scattate mentre ero seduta alla scrivania. Questo importante mezzo di comunicazione, oltre a permettermi di svolgere i miei compiti al pari degli altri, era diventato un compagno insostituibile anche nel tempo libero. Mio nonno ricorda ancora con commozione le prime storie d’amore che scrivevo. Racconti avventurosi ambientati fra pirati, corsari e principesse. Poi il diario segreto che aggiornavo continuamente: successi e sconfitte, emozioni, sentimenti... La data della prima volta che cominciai ad andare in giro da sola! Le amicizie, gli incontri sull’autobus... Le poesie che contrassegnavano le fasi burrascose della mia adolescenza. Tutti ricordi importanti che purtroppo sono stati persi nel corso del tempo.
La voglia di scrivere, di raccontare, cresceva insieme a me e diventava un bisogno sempre più reale e incalzante. Un bisogno che tentavo di soffocare, convinta che non sarei mai riuscita a realizzare questo sogno. Tutto il mio tempo era dedicato alla psicologia, studiavo e studiavo per riuscire a prendere quei titoli che mi avrebbero permesso di esercitare la professione. Pensavo che non avrei potuto essere scrittrice e psicologa, quindi avevo scelto la strada più sicura. Solo più tardi mi sono resa conto che scrivere spesso fa parte di un processo terapeutico, e da allora esorto continuamente i miei pazienti a tenere il proprio diario. Molte riflessioni importanti nascono da pensieri che vengono messi su carta. Scrivere consente di fissare le proprie idee ed emozioni, di dare un senso agli eventi che accadono, accettandoli nella loro dimensione terrena. Allora perchè non sfruttare questa mia passione anche nel lavoro?